IRAP: regime opzionale e dichiarazioni integrative

In materia di IRAP, forniti chiarimenti sulla fruizione di un regime opzionale per gli anni pregressi e la presentazione di dichiarazioni integrative (Agenzia delle entrate – Risposta 08 aprile 2022, n. 187).

Nel caso di specie, l’ente istante afferma di avere determinato l’IRAP, per i periodi d’imposta anteriori al 2016, avvalendosi dell’opzione per il metodo c.d. “commerciale”, prevista dall’articolo 10- bis, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, vista la presenza di personale comunale impiegato – al 100% o promiscuamente – anche in servizi rilevanti ai fini IVA. Detta opzione ha consentito un notevole risparmio d’imposta, dato che i conti economici aggregati relativi alle attività considerate commerciali sono risultati sempre in perdita.
A decorrere dal mese di febbraio del 2016 – con effetto dalle retribuzioni del mese di gennaio – in seguito all’adozione di un nuovo gestionale, l’istante ha iniziato a versare l’IRAP sulle retribuzioni di tutti i dipendenti senza tener conto delle percentuali del personale impiegato nei servizi commerciali, e senza più predisporre il conto economico aggregato delle attività commerciali.
L’istante riferisce che la “nuova” modalità di determinazione dell’IRAP è stata «determinata dal cambio di gestionale informatico e da un’errata presunzione circa le potenzialità del nuovo sistema», e non da una precisa volontà di revocare l’opzione o dal venir meno dei presupposti per l’utilizzo del metodo c.d. “commerciale”, non essendoci stati mutamenti nei servizi commerciali resi all’utenza e nei risultati di conto economico, caratterizzati da una costante perdita.
Ciò detto, l’istante chiede se sia possibile recuperare l’IRAP versata in misura superiore – in applicazione del metodo c.d. “retributivo” – presentando, entro il 21 dicembre 2022, una dichiarazione integrativa a favore, ex articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, per ciascun periodo d’imposta dal 2016 al 2019.

Nel caso sopra esposto, l’adozione – a partire dal 2016 – del metodo retributivo anche per le attività commerciali (e, conseguentemente, la revoca del metodo commerciale) non sembra essere stata determinata esclusivamente dall’errata funzionalità del “nuovo sistema gestionale”, avendo l’istante scelto di versare gli acconti (rilevatori dell’esercizio dell’opzione), di omettere la predisposizione del conto economico aggregato delle attività commerciali, di presentare le dichiarazioni annuali IRAP in conformità con il metodo scelto, adottando, quindi, un “comportamento concludente” per ben quattro periodi d’imposta, ovvero fino alla nuova opzione esercitata solo nel 2020.
L’Agenzia non ravvisa, dunque, alcun “errore” da rettificare, ma solo una scelta per un metodo di calcolo dell’imposta che ora si vuole modificare, rispetto alla quale non è consentito il ricorso alla dichiarazione integrativa, destinata alla correzione di errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito.
A tal riguardo, con la risoluzione n. 325/E del 14 ottobre 2002, è già stato chiarito che le opzioni « anche se inserite in manifestazioni non dispositive o, per usare un termine comune in dottrina in “dichiarazioni di scienza” quali le dichiarazioni dei redditi, al pari di qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale non possono essere “rettificate” che in presenza di dolo, violenza o errore.
In particolare l’errore, quale vizio della volontà, deve possedere i requisiti della rilevanza e dell’essenzialità e non deve cadere sui “motivi” della scelta, vale a dire sulle mere finalità che hanno indotto il contribuente a porre in essere un determinato comportamento.».
La dichiarazione integrativa è, quindi, finalizzata a correggere errori od omissioni nell’indicazione di elementi funzionali alla determinazione del reddito imponibile e non anche a modificare scelte più o meno favorevoli; non essendo ammissibile la presentazione di una dichiarazione integrativa per ripensare una scelta rivelatasi a posteriori sfavorevole, non ravvisandosi, in tale ipotesi, un vizio della volontà determinato dalla presenza di un errore grave ed essenziale.

 

Spettacolo: prestazione di malattia a pagamento diretto

Si forniscono precisazioni sul pagamento diretto della prestazione di malattia ai lavoratori dello spettacolo.

L’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, è esteso anche ai lavoratori autonomi iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo. L’obbligo di assicurazione per i lavoratori decorre dal 1° gennaio 2022.
Reltivamente alle modalità di erogazione della prestazione, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato l’indennità viene anticipata dal datore di lavoro, con conseguente conguaglio dei contributi dovuti all’Inps.
Il datore che anticipa la prestazione, nei casi in cui il lavoratore abbia maturato i requisiti contributivi richiesti a fronte di giornate effettuate presso altro datore di lavoro, è tenuto ad accertarne l’effettiva sussistenza, nonché la retribuzione percepita ai fini del calcolo della prestazione, mediante la piena collaborazione del lavoratore interessato che fornisce eventuale documentazione a supporto.
Quanto ai lavoratori a termine, l’Inps procede con il pagamento della prestazione in modalità diretta.
L’Istituto ricorda che il certificato di malattia, prodotto in modalità telematica o, laddove ciò non sia eccezionalmente possibile, in modalità cartacea, costituisce a tutti gli effetti l’istanza di prestazione.
In proposito si applicano le disposizioni normative valide per la generalità dei lavoratori sulla base delle quali il certificato viene redatto sin dal primo giorno dell’evento e viene trasmesso telematicamente dal medico curante mediante il canale SAC ovvero, se compilato in modalità cartacea, viene inviato direttamente dal lavoratore all’Inps e al datore di lavoro, entro il termine di due giorni dal rilascio, secondo quanto previsto dal legislatore.
Il certificato, che riporta i dati previsti dal disciplinare tecnico allegato al D.M. 18/4/2012, viene recepito dall’Inps e abbinato alle informazioni relative alla qualifica e al settore lavorativo di appartenenza del lavoratore, presenti nelle banche dati dell’Istituto.
Nei casi di pagamento diretto della prestazione di malattia, il lavoratore, al fine di indicare alla Struttura territoriale di competenza gli elementi informativi necessari al pagamento dell’indennità economica, ove non siano già in possesso della medesima Struttura, ha a disposizione il modello “SR188”, denominato “Modalità di pagamento delle prestazioni a sostegno del reddito” (disponibile sul sito www.inps.it), nel quale è presente un campo libero in cui è possibile specificare l’evento di malattia a cui si fa riferimento.
Il modello, al quale può essere allegata eventuale documentazione ritenuta utile all’istruttoria della pratica (ad esempio, il contratto di lavoro), deve essere trasmesso alla Struttura territoriale di riferimento – individuata sulla base della residenza o del domicilio abituale del lavoratore – mediante i consueti canali (posta ordinaria o raccomandata, posta elettronica, ecc.).
I datori di lavoro devono correttamente valorizzare, nell’ambito dei flussi mensili Uniemens, lo specifico campo finalizzato a distinguere il tipo di trattamento retributivo che il datore di lavoro garantisce al lavoratore nei casi di assenza per malattia sulla base del contratto di riferimento (messaggio del 7 aprile 2022, n. 1568).

Redditi prodotti in remote working inclusi nel regime impatriati

Possono rientrare nel regime dei lavoratori impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia in modalità remote working a decorrere dal periodo d’imposta 2022 a condizione che venga trasferita la residenza fiscale in Italia e per i successivi quattro periodi di imposta (Agenzia Entrate – risposta 08 aprile 2022, n. 186).

Il regime speciale dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e per accedere è necessario che il lavoratore:
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Per accedere al regime speciale, è necessario, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.

In relazione al caso di specie, con la circolare n. 33/E del 2020 l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che l’accesso all’agevolazione non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato. Pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti, in caso di lavoro autonomo o di impresa, siano stranieri non residenti.

L’applicazione del regime agevolativo richiede però che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano.

Ciò non esclude che l’accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati sia ammesso anche per i lavoratori che trasferiscono la residenza fiscale in Italia per proseguire, in modalità da remoto, l’attività lavorativa resa a beneficio del proprio datore di lavoro estero in virtù di un preesistente contratto di lavoro dipendente, a nulla rilevando la circostanza che durante gli ultimi due periodi d’imposta antecedenti il trasferimento in Italia l’attività lavorativa sia stata svolta in distacco presso una sede estera diversa dalla sede principale e che, anche attraverso tale modalità, venga esercitato il proprio ruolo apicale.

Indennità ISCRO 2022: via libera alle domande dal 1° maggio

Dal 1° maggio 2022 l’Inps attiva il servizio di presentazione della domanda di indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) per l’anno 2022 da parte dei liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps (Messaggio 07 aprile 2022, n. 1569)

In via sperimentale per il triennio 2021-2023, ai lavoratori iscritti alla Gestione separata dell’Inps che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo, in presenza di specifiche condizioni, è riconosciuta l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, denominata ISCRO.

L’indennità è riconosciuta in presenza dei seguenti requisiti:
– non essere titolari di trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
– non essere beneficiari di Reddito di cittadinanza;
– avere prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, inferiore al 50 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni anteriori all’anno precedente alla presentazione della domanda;
– avere dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 8.145 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rispetto all’anno precedente;
– essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
– essere titolari di partita IVA attiva da almeno quattro anni, alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso;
– essere iscritto alla Gestione separata dell’Inps.

L’accesso alla prestazione ISCRO è ammesso una sola volta nel triennio 2021, 2022 e 2023.

Domanda di indennità ISCRO

La domanda di indennità ISCRO deve essere presentata all’Inps esclusivamente in via telematica, utilizzando i consueti canali messi a disposizione per i cittadini e per gli Istituti di Patronato nel sito internet dell’INPS.
Per l’anno 2022 la domanda può essere presentata a decorrere dal 1° maggio 2022 fino alla data del 31 ottobre 2022.
L’accesso al servizio web offerto dall’Istituto per la presentazione della domanda di indennità ISCRO è consentito esclusivamente con le seguenti credenziali:
– SPID di livello 2 o superiore;
– Carta di identità elettronica 3.0 (CIE);
– Carta nazionale dei servizi (CNS).
In alternativa al portale web, la prestazione ISCRO può essere richiesta tramite il servizio di Contact Center integrato, telefonando al numero verde 803 164 da rete fissa (gratuitamente) oppure al numero 06 164164 da rete mobile (a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

Esclusione

Non possono richiedere l’indennità ISCRO per l’anno 2022:
– i soggetti che hanno già fruito della medesima prestazione per l’anno 2021; le domande eventualmente presentate sono rigettate;
– i soggetti coloro per i quali è intervenuta la decadenza dal diritto all’indennità ISCRO riconosciuta per l’anno 2021.

La domanda per l’anno 2022 può, invece, essere utilmente presentata dai soggetti che non hanno presentato domanda per l’anno 2021, nonché dai soggetti che, pur avendo presentato domanda nel 2021, non hanno avuto accesso alla prestazione perché la domanda è stata respinta e/o la prestazione revocata dall’origine.

Una tantum CCNL Alimentari – Panificazione Artigianato

  Spetta, con la busta paga del mese di aprile, la seconda e ultima trance di Una Tantum per i dipendenti del CCNL Area Alimentazione-Panificazione.

Ad integrale copertura del periodo di carenza contrattuale, ai soli lavoratori in forza al 6/12/2021 verrà corrisposto un importo forfettario “Una tantum” pari ad euro 140 lordi, suddivisibile in quote mensili, o frazioni, in relazione alla durata del rapporto nel periodo interessato, erogato in due soluzioni: la prima pari ad euro 70 con la retribuzione del mese di febbraio 2022, la seconda pari ad euro 70 con la retribuzione del mese di aprile 2022.
 Agli apprendisti in forza alla data di sottoscrizione del presente accordo sarà erogato a titolo di “Una tantum” l’importo di cui sopra nella misura del 70% con le medesime decorrenze sopra stabilite. L’importo di “Una tantum” è stato quantificato considerando in esso anche i riflessi sugli istituti di retribuzione diretta e indiretta, di origine legale o contrattuale, ed è quindi comprensivo degli stessi.
L'”Una tantum” è esclusa dalla base di calcolo del t.f.r. Secondo consolidata prassi negoziale tra le Parti gli importi eventualmente già corrisposti a titolo di futuri aumenti contrattuali vanno considerati a tutti gli effetti anticipazioni degli importi di “Una tantum” fino a concorrenza. In considerazione di quanto sopra tali importi cessano di essere corrisposti con la retribuzione di novembre 2021